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domenica, Maggio 12, 2024
LifestyleSan Patrignano: le vicissitudine della comunità romagnola, protagonista di una serie Netflix

San Patrignano: le vicissitudine della comunità romagnola, protagonista di una serie Netflix

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Dopo anni di oblio, la comunità di San Patrignano ritorna agli onori della cronaca grazie alla docuserie di Netflix, che già nel sottotitolo, che parla di luci e tenebre, promette di affrontare anche quei temi che da sempre dividono l’opinione pubblica italiana.

San Patrignano, la comunità romagnola per il recupero dei tossicodipendenti, ha infatti da sempre diviso gli italiani, fra chi la amava e talvolta la finanziava, e chi non tollerava i metodi coercitivi che, almeno in passato, hanno certamente influenzato la vita di chi veniva accolto. E questo non lo dicono solo i ragazzi che vi hanno transitato, ma anche la verità processuale che emerge da un procedimento contro alcuni ragazzi e il fondatore della comunità. Ma iniziamo dal principio.

San Patrignano: il fondatore di una realtà che mancava

Il-fondatore-di-San-Patrignano

San Patrignano, affettuosamente chiamata SanPa dai residenti, nasce nel 1978 per volontà di Vincenzo Muccioli, imprenditore riminese. Sono anni particolari. L’eroina è esplosa come una bomba nelle grandi città ed inizia a mietere vittime anche in provincia. Ma soprattutto, non c’è nessuno che sembri avere idea di come soddisfare le richieste di aiuto delle migliaia di tossicodipendenti, lasciati allo sbando da uno stato del tutto impreparato ad affrontare l’emergenza.

Muccioli, invece, un’idea ce l’ha: creare una comunità in cui ospitare i ragazzi schiavi dell’eroina ed offrirgli la possibilità di disintossicarsi senza ricorrere a metadone e psicofarmaci. D’altronde, il fondatore di San Patrignano è un fervido proibizionista, quindi propone un metodo di reinserimento basato sul lavoro, sulla condivisione di spazi e sull’osservanza di regole. E le regole di SanPa sono piuttosto ferree.

Nel giro di pochi anni la comunità esplode. In assenza di soluzioni alternative, ogni giorno al cancello di San Patrignano si presentano centinaia di ragazzi che chiedono di entrare, e che pur di farlo, sono disposti ad attendere anche sotto la pioggia che Muccioli gli conceda udienza.

Il metodo Muccioli, fra schiaffoni e affettuose paternali

E il fondatore di San Patrignano, l’udienza la concede, a tutti, al punto che in poco tempo, da essere una piccola comunità in stile hippy, SanPa diventa un centro di recupero gigantesco, che arriva ad ospitare all’incirca 2000 persone, fra ragazzi e ragazze, tra cui si contano anche diversi minori.

Per capire il successo di San Patrignano bisogna tenere in considerazione il contesto storico in cui cresceva la comunità. All’epoca, per entrare in comunità terapeutica tramite l’assistenza sanitaria nazionale potevano volerci anche diversi mesi, mentre qui l’ingresso era tempestivo e, soprattutto, il soggiorno era gratuito. Muccioli, infatti, non chiedeva nulla alle famiglie, che quindi erano bendisposte a soprassedere su eventuali metodi coercitivi, che in teoria avevano il merito di salvare i figli da morte e carcere.

È dei primi anni 80, infatti, il primo evento che incrina la reputazione di San Patrignano. Nell’ottobre del 1980, i carabinieri irrompono nella comunità e trovano alcuni ragazzi incatenati in un canile. Muccioli deve quindi affrontare un processo, che suscita un enorme dibattito nel paese, che si divide fra chi ritiene che per salvare i giovani dalla droga vada bene qualsiasi metodo e chi, invece, difende la libertà personale.

Il patriarca della comunità si difende sostenendo di aver rinchiuso i ragazzi solo a fin di bene e che coercizione, schiaffi e rimproveri feroci fanno parte a pieno titolo del percorso di riabilitazione. Un percorso che però, ci tiene a sottolinearlo, è accompagnato dall’amore che prova per questi giovani.

Quello che verrà chiamato “il processo delle catene” finirà con una prima condanna a 18 mesi, cancellata poi sia dall’appello, sia dalla Cassazione. Ma non è finita qui.

L’omicidio Maranzano

La situazione precipita nel maggio del 1989, quando Roberto Maranzano muore nella macelleria della comunità in seguito ad un violento pestaggio da parte di alcuni capi-reparto, che prendono troppo alla lettera le indicazioni di Muccioli.

Il fondatore di SanPa entra da protagonista nel processo perché ammette di essere stato a conoscenza dell’omicidio, ma di aver deciso di nasconderlo per proteggere la comunità. Per Muccioli non arriverà mai la sentenza, poiché il patriarca viene a mancare nel 1995, ma il procedimento giudiziario è l’occasione, forse tanto attesa, per far emergere ciò che avveniva all’interno della comunità.

Nelle aule del tribunale sfilano infatti numerosi residenti, che denunciano violenze e soprusi, sia subiti, che commessi. Ce n’è una, in particolare, che desta particolare scandalo. A San Patrignano, Walter Delogu, oltre ad essere un ragazzo in riabilitazione, è anche autista e braccio destro del fondatore della comunità e consegna agli inquirenti un’audiocassetta. In questa, si sente chiaramente Muccioli che suggerisce di uccidere con un’overdose uno dei testimoni della morte di Maranzano.

Il terremoto all’interno della comunità è inevitabile. In molti chiedono di uscire, ma incredibilmente la maggior parte dei giovani sceglie di rimanere, continuando a difendere Muccioli.

San Patrignano oggi

La-comunità-di-San-Patrignano

La San Patrignano raccontata da Netflix oggi è fortunatamente molto diversa da allora. La famiglia Muccioli non è più alla guida della comunità, che dal 1997 è accreditata come ONG, Organizzazione Non Governativa, ottenendo anche lo status di consulente presso il consiglio economico e sociale dell’ONU.

Oggi la Fondazione San Patrignano accoglie più di 1000 giovani, seguiti quotidianamente da professionisti del settore, che li guidano nella loro faticosa risalita verso una vita degna di essere vissuta. Inoltre, è notevolmente cambiata la tipologia degli ospiti, che non sono solo più gli eroinomani, ma anche ragazzi afflitti da altre dipendenze, come quelle dalla cocaina, dall’alcol e dalla ludopatia. Ma ieri come oggi, entrare a San Patrignano non è affatto difficile.

San Patrignano come entrare

A solo mezz’ora di macchina da Rimini, SanPa rappresenta una valida opportunità per chi bisogno di rimettere in piedi la propria vita. A differenza di allora, la comunità non accoglie più tossicodipendenti in astinenza, che vengono invece inviati preventivamente al SERT di competenza. Ma a parte questo, entrare a SanPatrignano è ancora piuttosto semplice.

Inoltre, è possibile visitare la struttura. Prenotando in anticipo, infatti, potrai trascorrere una giornata all’interno della comunità, per conoscerla più da vicino e scoprire come vivono gli ospiti, pranzando con loro alla mensa comune e visitando i numerosi laboratori in cui lavorano.

Perché in questo, la comunità di San Patrignano non è mai cambiata: il suo obiettivo, infatti, è ancora quello di dare una chance a chi, per i casi della vita, si è ritrovato dover fare i conti con qualcosa che è impossibile combattere senza un valido aiuto. E fortunatamente, oggi lo fa senza maltrattamenti ed abusi.

Ornella Gribaldo
Ornella Gribaldo
Mamma e copywriter da 11 anni, affronto ogni giorno i miei gemelli e l'algoritmo di Google con la stessa determinazione e, soprattutto, con lo stesso entusiasmo. Amo trovare sempre lo stato d'animo più leggero e le parole che meglio di tutte le altre sappiano sprigionare la magia. Per il resto del tempo, sorrido e, quando posso, viaggio.

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